Archivio mensile:luglio 2012

VENEZIA VISTA DALL’ESTERO

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Povera Venezia!

Chi possiede davvero la città lagunare? Benetton, Prada o i cinesi? Da quando Venezia ha scoperto la privatizzazione predomina la svendita. Poco importa che siano palazzi, l’ospedale o le isole. Si vende tutto.

Di Petra Reski

Al mattino Venezia appartiene ancora a se stessa. Quando la volta del cielo sulla città si riempie di nuvole rosa porcellana e non si ode null’altro che il fruscio delle scope sul marmo, le grida dei rondoni e i propri passi. Stavo sul molo del ponte di Rialto, era uno di quei rari momenti in cui il Canal Grande se ne sta lì come un vassoio d’argento e i Palazzi della Riva del Vin si rispecchiano nell’acqua. Nessun vaporetto che passava, nessun taxi che attraversava il canale, in lungo e largo per il canale non si intravedeva nemmeno una gondola, persino le barche della spazzatura non navigavano ancora. Ho dato un’occhiata a destra e a sinistra per accertarmi che nessuno stesse guardando, ho tirato fuori il mio iPhone e ho scattato una foto. Poi mi sono vergognata un po’ perché cose di questo tipo le fanno solo i turisti, e con quelli non si vuole proprio essere scambiati dopo ventun anni a Venezia.

Da un lato. Ma dall’altro sono i momenti in cui la città osa ancora mettere a nudo la propria anima, cosa divenuta rara anche per i veneziani. Ed ecco un battello carico di sacchi di biancheria sporca irrompere nel dipinto distruggendo  l’acquarello con le sue onde di prua. Quando mi sono voltata il mio sguardo è caduto su un cestino da cui fuoriusciva carta di giornale, quella con la quale i venditori africani imbottiscono le loro Louis-Vuitton false. Lì accanto era accatastata una montagna di bottiglie vuote che rotolavano sul lastricato al minimo soffio di vento. Ogni turista arriva qui già con la sua bottiglia d’acqua minerale, cosa che quindi al comune di Venezia ha fatto venire l’idea commerciale di firmare un importante contratto con la Coca-Cola che consente al gruppo industriale di collocare in esclusiva distributori automatici di snacks e bibite alle fermate dei vaporetti. Di recente agli approdi si trovano appesi anche manifesti dell’azienda di trasporto veneziana, sui quali è possibile leggere: «Ora Venezia costa meno. In vendita qui.» La situazione non potrebbe essere descritta meglio di così. Questa città sta diventando un banco delle occasioni. Palazzi barocchi, gioielli rinascimentali, isole intere: è tutto in vendita.

Il cuore delle tenebre pulsa a Ca’ Farsetti, il municipio di Venezia, un palazzo nobiliare in stile veneziano-bizantino. Qui domina da due decenni la stessa casta politica della sinistra democratica, il cui pensiero unico è «fare cassa». Da quando Massimo Cacciari, per molti anni «sindaco filosofo» vezzeggiato dai media, vide il futuro di Venezia nella privatizzazione, il municipio veneziano viene chiamato anche «Ca’ Farsetti Real Estate». Cacciari ha condizionato a lungo il destino della città – con interruzioni dal 1993 fino al 2010 – ed è stato deleterio per Venezia quanto lo è stato Berlusconi per l’Italia. L’ex comunista era da poco al potere quando scoprì le benedizioni del mercato libero tendendo, come tutti i convertiti, agli estremismi, e questo da ogni punto di vista.

Una volta mi ricevette in municipio per un’intervista in un salone stile rococò dalle tinte  verde pistacchio e rosa cipria. Quando con lo sguardo basso gli domandai cosa intendesse fare contro l’esodo dei veneziani e la trasformazione di Venezia in un gigantesco hotel di lusso, ci mancò poco che mi lanciasse fuori dalla finestra. Erano tutte cazzate!, urlò sebbene non avessi ancora espresso completamente ciò che realmente pensavo, ossia che per quanto riguarda i politici i veneziani possono pure estinguersi quanto prima. In fondo sono i soli che ancora protestano contro la speculazione edilizia. Avevo appena finito di pronunciare l’orrenda parola «esodo», che subito Cacciari cominciò a comportarsi come un pazzo furioso…

IL RESTO QUI:

http://italiadallestero.info/archives/15941