Da IL GONDOLIERE CINESE, Supernova.
[—] APPASSIONANTE il contributo di Tommy Cacciari, nipote del barbuto ex sindaco, al volumetto “Se io fossi sindaco”, edito dalla rivista “Venice is not sinking” prima dell’ultima tornata elettorale. Ecco il programma di lavoro stilato per i suoi eventuali primi dieci giorni:
«Il primo giorno del mio insediamento manderei la forza civica (credo siano i vigili urbani) a prelevare ed espellere dalla città il CdA del Consorzio Venezia Nuova, mettendo fine alla devastazione sconsiderata delle bocche di porto. Confiscando i beni (pubblici) del potente monopolio (privato) di costruttori e cementificatori, inizierei le opere necessarie a combattere le acque alte tutte (non solo quelle eccezionali!) con interventi veloci, efficaci ed economici che dopo anni di dibattiti solo i ciechi si ostinano a non vedere.
Il secondo giorno negherei alle mostruose meganavi porta turisti o porta petrolio l’accesso alla nostra fragile città: non solo perché sono orribili, oscurano il sole, intorbidiscono le acque, ma perché dobbiamo alzare i fondali dei canali portuali, vere autostrade per l’onda di marea ed impedire che la Laguna diventi un braccio di mare. Dobbiamo anche salvare i nostri polmoni: una nave emette le stesse emissioni di 14.000 automobili.
Il terzo giorno accetterei l’offerta di militari governativi per un’operazione di peacekeeping nelle nostre acque: lagunari a sbancare barene finte, isole di fanghi e argini di cemento per garantire la libera circolazione delle acque, la “respirazione” della Laguna: e caschi blu a fermare le onde, con buona pace delle nostre mafiette di lance, lancini e lancioni..
Il quarto sarebbe il giorno delle verifiche: se Gianni (settant’anni suonati) partendo dalla Bucintoro arriva sano e salvo con la sua mascareta alla Giudecca, festa: musica, regate, fuochi d’artificio e tuffi dalle rive. Una giornata di gioia per ricordare il ritrovato rapporto della città con le sue acque, fondamento del suo “miracolo” e del suo splendore.
Il quinto, sesto e settimo giorno mi dedicherei, per bloccare e invertire l’esodo, alla ricerca e all’immissione di nuova cittadinanza. In due mosse. Casa: tutti devono averne una dignitosa ad un costo dignitoso, anche i precari, i migranti o gli studenti (oggi ignorati dalle graduatorie) che devono aver la possibilità di scegliere se diventare cittadini veneziani anche dopo gli studi o il periodo di lavoro. Reddito (garantito): se Venezia è la città più cara d’Italia, d’Europa, del mondo… come facciamo a viverci? I soldi li prenderei agli albergatori, ai tour operator e a tutti coloro che in questi decenni hanno usato l’immagine della nostra città prendendo a costo zero bellezze artistiche e ambientali e rivendendole ai prezzi più alti del mondo. È ora che restituiscano qualcosa.
L’ottavo giorno ripristinerei tutti i vecchi traghetti de palada, così che i cittadini possano muoversi più agilmente per la città e possano recuperare il contatto con questa magica imbarcazione. Certo dovrebbe costare meno (con tutto quello che si risparmia col fisco…) e bisognerebbe prima imporre un corso accelerato ai nostri amati gondolieri, non di voga, ma di educazione, quel tanto che basta per non essere accolto a bestemmie dopo un quarto d’ora che aspetti il traghetto a San Stae.
Il nono giorno decreterei la chiusura di ogni impianto nocivo del petrolchimico e la riconversione di tutto il polo industriale in produzioni compatibili e sostenibili, per la creazione di posti di lavoro contro la crisi e per evitare di saltare tutti in aria se i signori della Dow Chemical, come hanno fatto a Bhopal, dovessero trovare poco convenienti le manutenzioni ai vetusti impianti.
Il decimo giorno, se fossi ancora vivo, DICHIAREREI L’INDIPENDENZA.»