Archivio mensile:settembre 2011

DER SPIEGEL SULLE GRANDI NAVI DA CROCIERA

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(Dal Gazzettino di oggi)
 
“La denuncia del settimanale tedesco ‘Der Spiegel’, il più diffuso nei paesi di lingua tedesca (un milione di copie e sei milioni di lettori), è pesantissima: Venezia sta marciando inesorabilmente verso la sua fine, strangolata da una massa di turisti mordi e fuggi e dai passeggeri delle grandi navi da crociera che ne turbano la bellezza e mettono continuamente a rischio la sua fragile costituzione. Mentre i veneziani stanno inermi a guardare, il mondo culturale internazionale si preoccupa per il futuro di questa città super sfruttata che sta diventando un museo sovraffollato piuttosto che una città abitabile. L’articolo “Das Leben einer Toten” di Fiona Ehlers (febbraio 2011) con una scrittura chiara e vivace accompagna il lettore nel prendere coscienza dell’importanza e della vastità di ciò che oggi Venezia e il suo ambiente si trovano ad affrontare e il quadro che ne emerge non è dei più confortanti. Che fare? Una soluzione arriva da un’inchiesta del giornalista veneziano Enrico Tantucci, “Venezia merita di essere Venezia”, pubblicata da “Il giornale dell’arte” (giugno 2011): la città può sopravvivere se abbandona la monocultura turistica di massa e sviluppa la produzione culturale, con un turismo di qualità. Del resto, la strada è già imboccata: secondo una ricerca del Coses sono seimila le persone che vivono direttamente o indirettamente di cultura a Venezia, cioè circa un decimo della popolazione totale, e la Biennale ne è un prestigioso esempio da seguire e sviluppare. Questi due giornalisti con i loro articoli denuncia sono i vincitori ex-aequo dell’edizione 2011 del Premio giornalistico per Venezia dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, che ieri è stato consegnato a palazzo Franchetti dal presidente Gian Antonio Danieli alla presenza di numerose autorità, tra cui l’assessore comunale Pier Francesco Ghetti e il presidente della Biennale Paolo Baratta. «I problemi di Venezia – ha affermato Danieli – sono ormai diventati guai ed è spaventoso il ritardo delle risposte delle istituzioni politiche. La città avrà un futuro soltanto se le istituzioni culturali veneziane sapranno raccogliere la sfida della necessità di aprirsi al confronto internazionale. Come la Biennale che ci fornisce una possibile alternativa allo squallido turismo delle grandi navi».

A TUTTI I CONSIGLIERI COMUNALI DI VENEZIA

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(Michele Boato prima dell’inizio dei lavori di venerdì 16 settembre 2011 al Palaplip di Mestre).

A TUTTI I CONSIGLIERI COMUNALI DI VENEZIA

Un Luogo è sempre frutto di almeno due elementi determinanti :

1 Dell’ OPERA DI MADRE NATURA ( elementi geo-morfologici, climatici , biologici in perenne azione trasformativa…) ;

2 Della CREATIVITÀ – DISTRUTTIVITÀ di chi in quei luoghi vive ( in proporzione alle potenze delle tecnologie disponibili… e all’intelligente senso AMBIENTALISTICO e CIVICO di chi le usa…) PROVIAMO a pensare positivamente insieme e a dire quale CITTÀ VOGLIAMO NELL’AREA VASTA LAGUNARE e di TERRAFERMA fra il 2020 ed il 2030 partendo dalle persone che ci vivono e che ci vivranno e da come è possibile migliorare o modificare sostanzialmente le cose esistenti per lasciare alle future generazioni una VENEZIA VERA, più CONSAPEVOLE e meglio VIVIBILE DI QUELLA DI OGGI ?

Vediamo con ordine :

1 ABITANTI : Quanti abitanti a tempo indeterminato è bene che risiedano a Ve Centro Storico – Lido – Marghera Mestre e nelle altre Municipalità Storiche… più o meno rispetto a quelli di oggi? Quante presenze giornaliere medie si prevedono a Tessera City, a Lido City, a Veneto City di Dolo, a Città della Moda di Fiesso – ? Quali, quante presenze a tempo determinato ( in quali residenze ? ) di studenti e docenti – di ricercatori, intellettuali, artisti, e di Immigrati comunitari ed extracomunitari non specializzati ? Con quali modalità queste tre categorie di cittadini si muoveranno nel Territorio Locale e nell’AREA VASTA INTERCONNESSA ? Serve davvero il Tram su rotaia in aperta Campagna indicato dalla Giunta Comunale fra Favaro e Tessera o non sarebbe più utile e meno scassambiente un tram fra Favaro e l’Ospedale dell’Angelo con prosecuzione in direzione Mirano ? A quando l’inizio di funzionamento della SFMR di cui si parla da almeno vent’anni ? Perchè non ammodernare e rivalutare l’esistente circuito Ferroviario Venezia – Chioggia – Adria – Cavarzere – Piove di Sacco Mestre ?

2 TURISMO : Quali e quanti ulteriori flussi turistici in aggiunta ai 21 milioni di presenze annue ? Quanti di più in arrivo …. Via AEREA: E giusto volere il Raddoppio della Pista del Marco Polo ? O sviluppare sinergie con Treviso e Ronchi ? Via MARITTIMA: Terminals Turistici e Traghetti mediterranei sempre a TRONCHETTO – SAN BASILIO e ancora transiti di GRANDI NAVI in BACINO San Marco…o dietro la Giudecca…o quali altri diversi approdi ? Forse in prossimità delle Bocche di Porto… o a Marghera per i Ferry ? Quante nuove AREE PORTUALI a Lido City per i Grandi e piccoli Yachts ? – Via AUTOMOBILISTICA : Nuova Romea Commerciale SI o NO ? Nuova Camionabile Padova -Venezia lungo il tracciato dell’Idrovia SI o NO ? – Via FERROVIARIA : La Tav in galleria in Gronda Lagunare e la Nuova Stazione di Mestre a Tessera – ? Non vi sembra francamente una follia ? La Sub Lagunare da Tessera all’ ARSENALE – Lido …una follia ancora più grande ?

3 FLUSSI MERCi : Quali e quante merci…? Da dove e verso dove ( Fontego dei Turchi e Fontego dei Todeschi… ) ? Con quali necessità di lavorazioni in loco ? Dove attivare i ” NUOVI FONTEGHI “…a Porto san Leonardo, al Dogaletto o nelle aree dismesse di Marghera ? Con il supporto di quali Strutture intermodali ? Con quali conseguenze sulla sopravvivenza delle centinaia di POSTEGGI DI PICCOLE BARCHE che attualmente assicurano accesso in Laguna di diportisti dell’entroterra veneto ? Ancora quanti e quali nuovi Mega Centri Commerciali per il consumo locale…? con quali conseguenze sui piccoli commercianti all’interno delle Municipalità Storiche ? Davvero un Grande Porto Off- Shore per trasbordo containers a 10 miglia dalla costa, al largo di Malamocco ? Nell’ambito di quale politica della portualità dell’Alto Adriatico ?

4 PATRIMONIO EDILIZIO ed AMBIENTALE : Recuperi Funzionali, Energetici, ed Estetici dei FABBRICATI FATISCENTI ma PREGEVOLI e degli ANTICHI Centri Municipali della Terraferma e del LIDO …come fonte di occupazione, di risparmio del territorio, di innumerevoli risparmi energetici e di valorizzazioni ambientali e sociali ? In particolare, quali e quante manutenzioni ordinarie e straordinarie nel prossimo decennio delle Fondamenta e dei Fabbricati di tutta la Zona Insulare ( Venezia Crepa…) ?- I forti della terraferma quali recuperi e riusi sociali ( anche in riferimento alla auspicabile rivalorizzazione degli Orti nella Terraferma) ?- Le isole della Laguna …. Da recuperare per dare vita ad Unità di produzioni integrate Ittiche – Ortofrutticole -Micro-Energetiche e di Agriturismo per diportisti – Circuito delle vele …? Come rilanciare i rimboschimenti in TERRAFERMA anche in relazione al recupero-rivalorizzazione- messa in sicurezza dei più importanti corsi d’acqua affluenti in tutta la laguna ? Completare o NO l’Idrovia Venezia Padova ( per Trasporto Merci, Trasporti turistici, ripascimenti dei Fondali della Laguna, sicurezza idrica di tutto il territorio fra Padova e Venezia) ? Consentire la fabbricazione di grandi torri a Mestre si concilia O NO con l’esigenza imperativa del RISPARMIO ENERGETICO ? Come si armonizzano funzionalmente ed esteticamente le grandi torri nei diversi contesti urbani esistenti ? Concentrare a Tessera City tutte le attività ludiche… ( città dei divertimenti…) o integrarle in rete valorizzando quelle già esistenti nelle diverse Municipalità insulari e di terraferma (lasciando a Tessera solo Casinò e Nuovo Stadio Multifunzionale ) ? Come valorizzare le strutture scolastiche di tutto il territorio comunale secondo criteri di piena funzionalità didattica, di totale sicurezza e specialmente di effettiva apertura ad attività formative e culturali congiunte con famiglie, imprese, operatori scientifici, artistici, informativi… Come strutturare o rivalorizzare nelle diverse Municipalità strutture di Sostegno all’Handicap, di Prevenzione Sanitaria e di lotta alle Tossicodipendenze; di Pronto intervento in casi di emergenze psico-fisiche o di disastri ambientali, di Riabilitazione post-traumatica e di Reinserimento Sociale e Lavorativo ?

5 IDRAULICA : Quanti e quali imbonimenti di barene con i fanghi dei più diversi scavi ( Mose – Approfondimento Canale Petroli – Nuovi percorsi dei Traghetti dietro la Giudecca ) ? Con quali conseguenze sugli equilibri complessivi di tutta la Città e di tutti gli Eco-Sistemi Lagunari ? Che si farebbe di ulteriori immani masse di fanghi da Scavi per altre mega-opere come TAV Mestre -Tessera in galleria e Sublagunare Tessera – Arsenale – Lido ? Come bloccare l’uscita dalla laguna di imponenti masse di fanghi a causa degli effetti combinati del crescente moto ondoso dovuto all’incremento del numero dei natanti, delle loro stazze e della potenza dei motori…nonchè ai flussi delle maree accentuati dall’approfondimento delle bocche di porto ? Quali diverse prospettive rispetto agli attuali usi e funzionamenti idraulici delle valli da pesca ? ALLAGAMENTI Nei principali abitati della TERRAFERMA… sempre più frequenti e consistenti. COME BLOCCARE ED INVERTIRE i PEGGIORAMENTI degli ultimi anni …altro che INVARIANZA…. ? Quali condizioni idrauliche di fatto, oggi, nei terreni della futura Tessera City ? Risulta che i corsi d’acqua affluenti in Laguna … siano oggi portatori di acque avvelenate ? Come risanarli ? Es : Discarica di Tossico-Nocivi ex Nuova ESA a Marcon lungo il fiume Zero che affluisce dopo poco, senza filtri, in laguna Nord … Il Mose: Quando entrerà in funzione in toto ? Con quali garanzie di FUNZIONAMENTO e COMPATIBILITà con le NUOVE FUNZIONI PORTUALI e PRODUTTIVE ? Con quali costi di FUNZIONAMENTO e di manutenzione ?

6 ENERGIA : Quali progetti nelle diverse Aree Urbane Lagunari e di Terraferma di risparmio e di abbattimento delle nocività di tutti i principali consumi energetici ( per attività produttive – per usi civili – per trasporti ) ? Quali progetti di graduali e progressivi abbattimenti degli inquinamenti da polveri e gassosi per energie prodotte con combustibili fossili o con termovalorizzazioni dei rifiuti ? Quali progetti di sostituzione delle produzioni energetiche tradizionali con micro e macro-produzioni energetiche eco-compatibili : solare, eolico, flussi e movimenti delle acque interne e marittime, geotermia… Quali progetti di valorizzazione dell’Idrogeno come accumulatore di energia ? Davvero SI LAVORA per un Impianto di Generazione Elettrica che DISINTEGRA CON IL Laser MONTAGNE DI ALGHE DA COLTIVARE IN LAGUNA ?

7 ATTIVITÀ INDUSTRIALI : CHIMICHE ? Metalmeccaniche – CANTIERISTICA…? Nano-tecnologie e/o tecnologie per le energie eco- compatibili ? Tutto campato per aria … Davvero il Comune deve lasciare l’ esclusiva responsabilità di queste scelte alle Imprese e alla finanza?

8 ECONOMIA – FINANZA Una Amministrazione Comunale davvero capace di tutelare i Beni Comuni, la Giustizia Sociale, l’Eco-Compatibilità e le migliori Sinergie di tutto ciò che avviene nel proprio territorio…davvero può fare a meno di precise quantificazioni delle SPESE di INVESTIMENTO, di GESTIONE E DI MANUTENZIONE ( dei mostruosi debiti Pubblici e Privati ) che le grandi e grandissime opere del suo PROGETTO di Città COMPORTANO ? A noi pare che il progetto di PAT elaborato dall’Assessore Micelli per conto della Giunta Comunale Veneziana non dica nulla di chiaro, di certo, di esauriente su alcuno degli 8 grandi argomenti appena indicati perchè in realtà non si propone di migliorare i Beni Comuni della Popolazione Veneziana, per migliorare la qualità della vita di chi vive in questo territorio… ma solo di implementare le rendite immobiliari e finanziarie che, come le ripetute e sempre più gravi crisi in atto dimostrano ampiamente, non risolvono, ma al contrario aggravano sofferenze e paralisi …fino all’ AFFONDAMENTO del TITANIC…. Ancora pensiamo di vivere un bruttissimo sogno. Ancora speriamo di ricevere dal SIndaco Orsoni, in quanto rappresentante della maggioranza che regge il Comune di Venezia, una lettera formale nella quale si citano i numeri tendenziali della Città a misura dei Veneziani del decennio 2020 – 2030; le cifre degli impegni economici di tutte le scelte del Pat e pochissime parole di risposta sul merito di ciascuno dei quesiti che abbiamo qui elencato…: Si, la tal scelta si farà… perchè le convenienze della Città sono queste….No l’altra scelta non si farà… perchè si tratta di spese insostenibili e senza possibile rientro….e invece si farà quest’altro… Confidiamo che comunque i Consiglieri Comunali di Maggioranza e di Opposizione, prima di qualsiasi decisione in Consiglio Comunale vorranno discutere anche con noi il merito di ciò che abbiamo qui scritto rappresentando le Associazioni promotrici della Manifestazione in Piazza Ferretto dello scorso 1 settembre 2011 nella ASSEMBLEA DI CONFRONTO SUL Pat (venerdì 16 settembre alle ore 18 al PalaPlip di via S.Donà a Mestre)

Per Le associazioni presenti in Piazza Ferretto l’1 settembre 2011

Michele Boato e Massimo Marco Rossi. 10 settembre 2011

SI SEGNALA L’INQUIETANTE VIDEO:

http://www.youtube.com/watch?v=VvJTsnE5De4

COSA RESTA DEL LIDO DI VENEZIA

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Riprendo da www.unaltrolido.com l’efficace sintesi di FILIPPO MARIA PONTANI su “Quello che non sarà raccontato nei giorni dei divi in laguna”

Stasera si apre al Lido di Venezia la 68ma Mostra Internazionale di Arte Cinematografica: nelle righe che seguono vorrei brevemente illustrare ai visitatori che cosa si troveranno di fronte, non già per quanto riguarda i film o la mondanità (per quello ci sarà tempo), bensì sul piano meramente topografico. Premetto che non intendo fare il piagnone né l’indignato di professione: penso però che questa sia una storia per vari versi esemplare di come vengano amministrati tanti nostri comuni (di ogni colore politico) e di come vengano talora gestiti il paesaggio e il patrimonio. Come molti sanno, il Lido è un’isola stretta e lunga (12 km per circa 16000 abitanti), staccata da quelle che compongono il centro storico di Venezia, e allineata con la penisola del Cavallino e l’isola di Pellestrina a chiudere la Laguna verso il mare. Il fatto che sia la più vicina “porta” sull’Adriatico, raggiungibile in pochi minuti di vaporetto da San Marco, l’ha resa da sempre la spiaggia di Venezia per antonomasia; chi ricordi, per via di Thomas Mann o di Visconti, lo sfortunato soggiorno di Aschenbach in La morte a Venezia, ha in mente il quadro sociale ed economico del Lido Belle Epoque: i grandi alberghi, la clientela internazionale, poi gli stabilimenti, le sale giochi, e nel 1932 la decisione di collocarvi la sede della Mostra del Cinema – decisione presa peraltro da Giuseppe Volpi conte di Misurata, già distintosi per la ferocia in qualità di governatore della sempre attuale Tripolitania dal 1922 al 1925 (a questo losco personaggio, che fu anche un importante ministro del fascismo, e che venne sepolto ai Frari con la benedizione del futuro Giovanni XXIII, sono tuttora intitolate le Coppe per i migliori attori). La Mostra, nata sulle terrazze dell’Hotel Excelsior, è ospitata dal 1938 in un Palazzo situato non lontano dal centro dell’isola, un edificio storico dalle venerande memorie, ma rivelatosi presto insufficiente rispetto ai bisogni del pubblico (fu ampliato una prima volta nel 1952), e dimostratosi a partire dagli anni ’90, quando pure furono allestite delle ulteriori appendici, del tutto sottodimensionato rispetto al richiamo dell’evento nonché bisognoso di restauro anche in considerazione della capricciosa meteorologia settembrina (rimase memorabile, l’anno scorso, il banale acquazzone che allagò la sala stampa). Di qui l’idea di costruire un nuovo, più adeguato Palazzo del Cinema: dopo un primo tentativo nel 1991 (il concorso indetto dalla Biennale fu vinto dall’architetto spagnolo Rafael Moneo, ma poi al Comune mancarono i soldi e non se ne fece più nulla), nel 2004 la Fondazione di Venezia bandì un concorso internazionale, che fu vinto dallo studio 5+1AA Femia-Peluffo con un progetto che prevedeva una grande sala in superficie (denominata “il Sasso”) e altre tre sotterranee. L’idea venne guardata con particolare favore dal governo Prodi, che nel 2006 inserì il progetto nell’ambito degli interventi per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia. Per eseguire un progetto di tale ambizione ci vogliono però dei quattrini, oltre 100 milioni di euro. Il governo nazionale si dichiara disposto a metterne 40, demandando agli enti locali il reperimento dei restanti. A quel punto il Comune, guidato dal filosofo Massimo Cacciari, si lancia in un’operazione immobiliare doppiamente vantaggiosa: decide di acquistare dall’ULSS 12 il vecchio Ospedale a mare del Lido, per dismetterlo e venderlo (lasciando in piedi alcune attività di prima necessità o di eccellenza, dai servizi di radiologia ai trattamenti di talassoterapia), facendo in modo che con il ricavato la ULSS finanzi il nuovo grande ospedale di Mestre (cattedrale che meriterebbe un capitolo a parte: chi è interessato a questo luminoso esempio di “project-financing” alla veneta può leggere la recente inchiesta dell’Espresso) e il Comune stesso contribuisca a finanziare il limitrofo Palazzo del Cinema: si parla di «valorizzazione dell’area, rilancio della vocazione culturale e turistico-ricettiva». Poiché però con l’entrata in ballo dell’Ospedale anche i protocolli d’intesa vanno riformulati e risottoscritti, si crea una momentanea stasi, cui il governo Prodi (siamo nel novembre 2007) pone rimedio nel modo notoriamente più efficace per “semplificare l’attività amministrativa”, “snellire i procedimenti” e scavalcare la torpida prassi burocratica: qualifica il “Palacinema” come “grande evento”, e s’impegna a nominare un commissario straordinario. Questo è il passo-chiave di tutta la vicenda, ed è (torno a dirlo) targato Prodi-Rutelli, non Berlusconi. Pochi mesi dopo, appena rientra in carica il Cavaliere, la fabbrica del Palazzo del Cinema riceve un impulso inatteso: il 28 agosto 2008, dinanzi a un fosso vuoto destinato a contenere le fondamenta, si posa la prima pietra in una solenne cerimonia alla presenza di Cacciari, del presidente della regione Giancarlo Galan e del neo-ministro Sandro Bondi: tutti lieti e sorridenti, per il 2011 sicuramente ce la faremo. Berlusconi emana una serie di ordinanze che scavalcano i Piani regolatori del Comune, il Comune medesimo mostra la buona volontà abbattendo la storica pineta del Lido, dove passeggiarono fior di divi e di cittadini (132 alberi che il progetto del Palacinema non suggeriva in alcun modo di demolire), e dulcis in fundo (marzo 2009) arriva anche il commissario straordinario. Una persona competente: si tratta infatti del dr. Vincenzo Spaziante, ex-collaboratore di Agazio Loiero alla Sanità calabrese, ma soprattutto uomo di fiducia di Bertolaso alla Protezione Civile, stretto consocio dei più noti Mauro della Giovampaola e Fabio De Santis, pesantemente coinvolti pochi mesi fa nell’inchiesta sull’affaire Maddalena – L’Aquila, e beneficiari all’epoca (a quanto dice l’accusa, ma le intercettazioni lasciano poco spazio ai dubbi) di sapide notti con escort d’alto bordo presso l’hotel Gritti sito proprio in Venezia. Ma nel 2009 tutto questo è ancora al di là da venire, e Spaziante accentra nelle proprie mani poteri cospicui: soprattutto, salva le forme convocando una Conferenza dei Servizi che fa presiedere a un rappresentante della Regione, ma la cui composizione e il cui orientamento di fatto controlla. Tale Conferenza ha poi la facoltà di operare senza dover obbedire alla Conferenza per la Salvaguardia di Venezia (istituita nel lontano 1973): può decidere in piena autonomia per “la realizzazione di ogni altro intervento nella medesima isola del Lido, territorialmente, urbanisticamente, ambientalmente o funzionalmente correlato, anche su proposta di soggetti privati”. Una visione olistica, insomma. Nel frattempo le acque – è il caso di dirlo – si sono mosse: nel 2007 la società immobiliare EstCapital, proprietà di Gianfranco Mossetto (ex assessore alla cultura della giunta Cacciari, sul quale torneremo tra un attimo), e di fatto – pecuniariamente – legata alle medesime imprese che stanno già lavorando a caro prezzo all’altra grande opera di Venezia, il Mose (una delle cui bocche di porto dista peraltro pochissimo dalla zona in oggetto), acquisisce tramite il fondo “Real Venice” i due grandi alberghi del Lido (l’Excelsior e il Des Bains), il lungomare che li collega (quello sul quale Aschenbach fece la sua prima passeggiata al Lido), nonché il Forte Malamocco, storica piazzaforte ottocentesca degli Austriaci, protetta da un vincolo della soprintendenza. Nel settembre 2009 la predetta Conferenza dei servizi autorizza EstCapital ad avviare tutti i suoi grandi progetti: un hotel 5stelle lusso (Excelsior) e un residence (Des Bains) negli alberghi storici; un villaggio turistico di 32 villette dentro il pur vincolato Forte Malamocco (piscina nella piazza d’armi? cucine nei depositi di munizioni? la Soprintendenza acconsente benevola). In più, i criteri del bando per l’Ospedale a mare vengono concepiti in modo tale che alla gara si presenta una sola ditta, puta caso EstCapital. In poche settimane Spaziante firma, tutto va a gonfie vele, tranne che per i comitati di residenti che, già deprivati della pineta, temono fortemente per l’avvenire del resto dell’isola. Ne hanno ben donde. Il 2010 è l’anno delle grane. Prima grana: EstCapital intende tirare su nell’area del Parco della Favorita un centro commerciale e residenziale con torri: ma tale intento cozza irrimediabilmente contro la presenza di un piccolo aeroporto à coté. Seconda grana, più grave: si scopre un profondo quanto prevedibile inquinamento da rifiuti tossici nella zona dell’ex-ospedale (costo della bonifica: 10 milioni); vi chiederete: nessuno aveva verificato? nessun progettista, nessun ufficio del Comune aveva analizzato il terreno di un ospedale prima di venderlo? e a Santa Giulia a Milano, qualcuno aveva guardato? Terza grana: si scopre amianto in quantità nel terreno destinato al nuovo Palacinema. Chi si farà carico di queste costose bonifiche? EstCapital, che vede i suoi pingui ricavi immobiliari a serio rischio, minaccia di ritirarsi senza pagare un centesimo, a meno che non le si concedano delle compensazioni, e segnatamente: a) una nuova maxi-darsena per yacht di lusso davanti alla spiaggia libera di San Nicolò (1500 posti barca, yacht club, ristoranti, negozi, su una superficie artificiale analoga a quella dell’isola della Giudecca); b) il cambio d’uso definitivo del Monoblocco, che – obliterati i residui padiglioni di radiologia e talassoterapia, peraltro restaurati di recente e quindi tutt’altro che votati a un inevitabile smantellamento – andrà semplicemente abbattuto e diventerà sede di appartamenti turistici e di un centro commerciale e centro benessere. 81 milioni e affare fatto, 32 all’ULSS e 49 al Comune (di questi ultimi ad oggi 37 già spesi per il solo fosso delle fondamenta, parzialmente bonificato). È una proposta che il Comune non può rifiutare: e infatti il 23 luglio scorso il sindaco Giorgio Orsoni, che in campagna elettorale aveva pubblicamente promesso il contrario, firma. Orsoni si trova con le spalle al muro, perché i milioni di EstCapital sono già messi a bilancio, e rinunciarvi vorrebbe dire far fallire il Comune ed essere commissariati (tanto per far capire di quali cifre stiamo parlando: da un nuovo Palacinema siamo giunti a mettere in discussione l’esistenza stessa del Comune di Venezia). Forse il fallimento e il commissariamento poteva essere un’opzione spettacolare, un segnale forte per denunciare il pasticcio del Lido (la cui responsabilità ricade peraltro interamente sulla giunta del filosofo Cacciari: pensateci, la prossima volta che lo vedete in tv), ma Orsoni sceglie diversamente: il coraggio uno, se non ce l’ha, non se lo può dare. Anche i circostanziati suggerimenti di autorevoli personalità, come il pericoloso bolscevico Francesco Giavazzi che esorta a evitare lo scempio racimolando i denari altrove, rimangono lettera morta. Ecco perché oggi al Lido gli alberi non ci sono più, il “Des Bains” di Aschenbach è chiuso da anni (e non sarà più un albergo), il vecchio Palazzo del Cinema è stato restaurato in tutta fretta per renderlo minimamente adeguato alla Mostra di quest’anno, e al suo fianco si apre una voragine che ha inghiottito per ora 37 milioni di euro: su di essa, a quanto dice lo stesso Galan (che aveva pomposamente inaugurato il fosso da governatore, e ora garibaldinamente lo richiude da ministro), non sorgerà più nulla, o al più una singola sala (quella in superficie), non certo quel faraonico Palacinema per il quale non ci sono più i soldi né le condizioni. Anche questa scelta di interrompere, se verrà portata in fondo, avrà i suoi prezzi: l’impresa costruttrice (la potente Sacaim), in caso di mancata realizzazione dell’opera sarebbe pronta a chiedere al Comune un risarcimento di 50 milioni di euro, che avrebbe – stando alle apparenze – ogni titolo per esigere. In conclusione, il progetto di Cacciari, di Galan e di EstCapital ha portato al fallimento dell’obiettivo principale, e alla cementificazione collaterale (in parte ancora da venire, ma già irrevocabilmente dcisa) di buona parte della lingua di terra che si chiama Lido, in nome di uno sviluppo turistico d’alto bordo, completamente immemore non solo delle esigenze degli abitanti, ma anche della minima tutela del paesaggio lagunare. Colpisce in modo particolare – specie ora che si parla di crisi e di tasse sugli yacht – il progetto della darsena per VIP più grande d’Europa, così come la proliferazione di “resorts” turistici del tutto inaccessibili se non ai magnati russi o sauditi. Il caso in oggetto è istruttivo perché non nasce dal nulla, ma è la spia di un fenomeno più ampio. Il citato Gianfranco Mossetto, che da questa vicenda uscirà ricchissimo giacché l’edificazione e la vendita dei terreni del Lido renderà alla sua EstCapital tre volte l’investimento iniziale (i calcoli sono di Giavazzi), non è stato solo l’assessore alla Cultura di Cacciari dal ’93 al ’97: è stato anche uno stimato docente di Scienze delle Finanze presso l’università Ca’ Foscari, dove si fregia di aver tenuto il primo insegnamento italiano di Scienze del Turismo. Dunque è una persona che sa cosa sta facendo, e persegue un chiaro disegno di sfruttamento turistico della città: “scientifico” oserei dire. Non è per mera deformazione professionale che insisto sui risvolti accademici, ma perché ritengo che la posizione della classe intellettuale, in questo quadro come in altri, sia decisiva: dall’università Ca’ Foscari (meglio: dalla Facoltà di Economia di Ca’ Foscari) provengono sia Mossetto sia il sindaco Orsoni, mentre allo IUAV (l’Istituto Universitario di Architettura, l’altro prestigioso ateneo veneziano) insegnava Cacciari (e, in tempi più remoti, il ministro Brunetta). Da Ca’ Foscari non è venuto per ora alcun parere ufficiale sulla vicenda del Lido (si dice anzi che la medesima EstCapital potrebbe aggiudicarsi il succulento appalto per la residenza universitaria di Santa Marta), e si levano solo le voci dei singoli, per quanto autorevoli come quella dello storico Gherardo Ortalli, ex presidente di Italia Nostra. Invece Amerigo Restucci, rettore dello IUAV e consigliere di amministrazione della Biennale, si è dichiarato sin dal principio assai perplesso sul progetto del nuovo Palazzo del Cinema, e ora invoca pubblicamente la cessazione del regime di commissariamento. E’ proprio all’interno dello IUAV che si registrano le più forti voci critiche (e consapevolmente critiche) in una intelligentsija altrimenti largamente assuefatta: penso all’urbanista Edoardo Salzano, al cui libro sullo scandalo del Lido queste pagine sono largamente debitrici; penso agli studenti di Pianificazione Urbanistica asserragliati a Ca’ Tron, i quali nell’intento di mantenere aperta la loro bella sede sul Canal Grande (condannata da un’improvvida decisione alla chiusura e alla vendita ai privati) tengono vivo il dibattito su questioni civiche di alto profilo, con incontri settimanali su problemi non solo veneziani; penso a Stefano Boato, a Maria Rosa Vittadini e agli altri docenti che partecipano a dibattiti, incontri, piccoli documentari sui molti progetti che assediano la città. Perché al di là del Lido, Venezia è a tutti gli effetti una città assediata: dal mega-progetto noto come “Veneto-City”, o “Quadrante di Tessera”, che cementificherebbe con edifici privati e parcheggi (per quali abitanti?) 15 kmq di terra nella zona dell’aeroporto, a detrimento di arie, acque e luoghi, e a tutto beneficio di una speculazione edilizia che nemmeno in Albania. Dall’incombere di una “sublagunare” che sconcerebbe la laguna, le falde acquifere, e intere zone della città per poter creare una inaudita e pericolosa metropolitana sotto l’acqua. Dal progetto demenziale di una TAV che dovrebbe passare in trincea nella gronda lagunare, con i rischi evidenti per la stabilità di tutto il territorio (per ora è tutto fermo solo perché Trenitalia è in difficoltà, ma nessuno sembra chiedersi se non valga la pena di raddoppiare o migliorare le linee esistenti, né quali persone s’intenderebbe far viaggiare sui binari ultramoderni da Kiev a Verona, là dove attualmente il traffico è irrisorio. Dalle enormi navi da crociera che troneggiano verso sera nel Canale della Giudecca fino a sfiorare San Giorgio e Palazzo Ducale (la Venezia terminal passeggeri sta per costruire altre otto banchine, in vista di ulteriori 20-25 mila turisti al giorno). Dal ridicolo di una nuova “Venice Gateway”, mostruosa “porta monumentale” alla città (completa di alberghi e centri commerciali, che pensate) disegnata dall’architetto Gehry e pronta a costare 17 milioni di euro a tutto beneficio della SAVE, la famelica società di gestione dell’aeroporto che è a monte anche di Veneto City. Dallo stesso Mose, che sta compromettendo in modo irreversibile l’intero ecosistema della Laguna di Venezia in nome di un beneficio assolutamente incerto, e in spregio di soluzioni ben più economiche e sostenibili (le paratoie a gravità, per esempio) che però sfuggivano al controllo del potentissimo consorzio Venezia Nuova – il quale non a caso è in società con Mossetto e ha recentemente ricevuto per il Mose dal Comitatone ministeriale qualcosa come 630 milioni di euro (per capire le proporzioni: per la manutenzione ordinaria di Venezia il sindaco Orsoni pare sia riuscito a spuntare, dopo un’epica battaglia, 50 milioni in due anni). Nonostante (o forse proprio a causa di) molti anni di amministrazione di centrosinistra, ora come non mai la città sembra in mano alle lobbies private dei costruttori, la mano pubblica ha perso voce in capitolo salvo la facoltà di accondiscendere compiacente a una serie di “interventi per la valorizzazione e lo sviluppo” (quasi sempre legati a un facile immobiliarismo) e di “eventi” (parola magica che assessori, rettori e consigliori pronunciano ormai quotidianamente, fiaccando la resistenza di quanti preferirebbero che tanto le strutture cittadine garantissero piuttosto un decoroso funzionamento ordinario). Tutto è volto a monetizzare il capitale di prestigio che Venezia indiscutibilmente possiede sul piano internazionale: e così si fa cassa con i cartelloni pubblicitari che da anni ormai coprono Piazza San Marco e il Ponte dei Sospiri, si manda un elicottero turistico a sorvolare la città per consentire le foto dall’alto (lo stesso avviene sulle cascate del Niagara); e ora anche Benetton – già beneficato dal costosissimo (e oggi pericolante) Ponte di Calatrava – intende realizzare un luccicante megastore nel Fontego dei Tedeschi, là dove fino all’anno scorso c’erano le Poste centrali, e dove 500 anni fa si esibiva un giovane Giorgione (la Marca Trevigiana ha sempre esportato molto, a Venezia). Il tutto mentre la vera tragedia veneziana latita sullo sfondo: Marghera, dopo la fine della chimica, vive da anni un presente incerto e un futuro grigio, nella neghittosità delle amministrazioni che dovrebbero bonificarla (prospettiva di per sé teoricamente vantaggiosa, visto che il territorio è comunque ben urbanizzato, con strade, fogne e ferrovie, a differenza della campagna di Tessera); e nell’attesa messianica della realizzazione di una piattaforma off-shore per navi petroliere e transoceaniche (sic), di cui proprio l’ex polo chimico sarebbe la base in terraferma (ma non si sa bene dove trovare i 1,5 miliardi per la realizzazione di questo mastodonte, tutti – sembra – a carico dei privati; anzi, nessuno sa nemmeno dove trovare i 100 milioni urgenti per la bonifica urgente). Il tutto mentre la Regione smarrisce perfino i soldi per finanziare il diritto allo studio nelle tre università del Veneto, ma è condannata dai giudici a pagare decine di milioni come risarcimento alle imprese per passati errori di progettazione o di valutazione (il lodo Astaldi; la metropolitana di superficie): tutte graziose eredità di Galan, il quale dopo tanti galloni maturati in Veneto è stato promosso a ministro, addirittura dei Beni culturali. Di che stupirsi? La Legge speciale per Venezia, destinata a segnare lo sviluppo della città per anni, viene partorita in questi mesi dall’ineffabile veneziano Renato Brunetta, anch’egli professore di economia, e si fonderà sui medesimi principi fin qui illustrati: la sublagunare, il porto offshore, Veneto City, un turismo accanito senza se e senza ma, e per di più una soverchiante centralizzazione a livello nazionale, per la totale mortificazione delle autorità locali. A questo progetto il PD, tanto per non smentirsi, ha presentato non uno ma ben due disegni di legge alternativi, per di più radicalmente diversi tra loro, uno a firma di Andrea Martella e uno di Felice Casson (in molti si chiedono, oggi, cosa sarebbe successo se nelle Comunali del 2005 avesse vinto Casson invece di Cacciari: perse per una manciata di voti). Non conta nulla che perfino il presidente dell’Ente nazionale per il Turismo, Piero Marzotto, abbia definito Venezia “già iper-spremuta”; né tanto meno che l’Unesco, sollecitata da Italia Nostra, stia valutando se rimuovere Venezia dalla lista aurea dei siti “patrimonio dell’umanità” per gravi inadempienze nella tutela. Potranno forse contare qualcosa i comitati, che – unica luce di speranza in questo buio – sorgono vigorosi a far sentire le loro ragioni? Chi vorrà capire di più di tutto questo affare potrà consultare il sito benemerito e sempre battagliero di “Un altro lido” (in occasione della Mostra, si mobilitano già oggi alle 15) e quello di Italia nostra, dove tutti i problemi qui appena accennati sono discussi con dovizia di particolari e continui aggiornamenti. Ecco: chi verrà a Venezia per vedere la Mostra del Cinema, o seguirà di lungi i fasti delle passerelle e delle dive, tenga in mente che si tratta dello stanco rito di un’isola violata, in una città sempre più affollata e sempre più spopolata, sempre più universale e sempre più impotente, sempre più accerchiata da soldi finti, sempre più chiusa in un futuro da triste attrazione.

OTTAVIA PICCOLO IN SALA VOLPI AL LIDO DI VENEZIA

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danielaOttavia

ottavia2Salvatore

La 68° Mostra del Cinema di Venezia si è chiusa il 10 settembre scorso, ma la mattina del giorno successivo la Sala Volpi era ancora aperta. Alle 11, infatti, era prevista  la proiezione di due nuovi filmati curati dal Coordinamento Associazioni Ambientaliste del Lido sulle devastazioni in atto nell’isola e realizzati dal regista Paolo Fumagalli.

Hanno parlato Salvatore Lihard, Cristina Romieri, Daniela Milani Vianello, William Pinarello, Arrigo Battistini e

                                                    OTTAVIA PICCOLO

neo residente del Lido di Venezia, ma già perfettamente consapevole dei problemi dell’isola e delle speculazioni in atto. Molto applaudito il suo intervento, del tutto in linea con le richieste del Coordinamento.

Gremitissima la sala, con persone anche in piedi.

I problemi dell’isola sono quelli riassunti nel sottostante tabellone:

LIDO DI VENEZIA: IL FORTE CHE PER LA SOPRINTENDENTE CODELLO NON C’È.

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Da una lettera dell’avvocato Mario d’Elia al presidente della Biennale Paolo Baratta:

“… Nel corso dei lavori eseguiti  nei mesi scorsi nel ‘buso’, ho scattato alcune fotografie, che allego alla presente e che La prego di voler attentamente esaminare, ebbene dalla loro visione mi è sembrato di vedere ampi e consistenti resti di un Forte, quello austroungarico sul quale negli anni ’30 è stato costruito il Palazzo del Casinò.

Se Lei considera invece il verbale della Conferenza dei Servizi tenutasi il 22.07.2011, verbale che ho allegato alla presente, a pag. 11 e 12 potrà leggere che a precisa domanda dell’ing. Stefano Talato, rappresentante della Regione Veneto, sulla presenza o meno di un Forte nell’aria del cantiere, la Soprintendente dr. Codello ha affermato che non è presente più alcun Forte nell’area oggetto di interventoPer quanto suesposto, chiedo a Lei quale massimo organo culturale internazionale operante in Venezia di verificare…[cut]… se esistono o meno resti consistenti del Forte ottocentesco austroungarico…”

IL COMMISSARIO AL NULLA

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(Il commissario Spaziante)

LA CITTÀ DEL COMMISSARIO AL NULLA“, di ROBERTO BIANCHIN

(Da “LA NUOVA VENEZIA” 4.09.2011)

Il film più visto alla mostra del cinema è una commedia all’italiana. Si intitola ‘Il buco‘: Viene programmato di continuo, giorno e notte, davanti al vecchio casinò, e per vederlo non si paga neanche il biglietto. Il regista è un commissario. Logico. Deve scoprire chi ha seppellito l’amianto sotto al piazzale. Sempre fantasiosa Venezia, che nella sua lunga storia si è inventata mille mestieri, dal provveditore alle pompe al sovrintendente ai fanali, fino al magistrato alle acque. Adesso si è superata, è l’unica città al mondo che può vantarsi di disporre di un commissario al nulla. Dicono sia utilissimo. Già la parola, commissario, incute reverenza. Fa venire in mente la pipa di Maigret, i vini di Carvalho, gli arancini di Montalbano. Ma esistono anche altri tipi di commissari che non hanno nulla a che vedere con la polizia, come quelli che ogni tanto vengono mandati a bonificare un ente locale dissestato o un partito politico malandato. Ultimamente il belpaese pullula di commissari che non sono di polizia, e che anzi, in qualche caso, si tengono bene alla larga dalla polizia. Alcuni vengono anche defmiti straordinari, non si sa bene se per l’eccezionalità delle loro doti o piuttosto dell’evento che sono chiamati a governare. Comunque sia, sono spuntati commissari a tutto. Alle grandi opere, alle lunghe autostrade, alle terze e quarte corsie, ai ponti, ai viadotti, ai passanti, ai tornanti, ai torrenti, ai fiumi, ai tombini, alle catastrofi, alla corruzione, al malaffare, al bunga bunga. Anche Venezia, per volere del governo, è stata dotata di un commissario. Per il nuovo palazzo del cinema. Una scelta geniale. Fino a quel giorno si pensava infatti (stoltamente) che per costruire quella che in fondo resta una sala cinematografica, bastassero un architetto per il disegno, un ingegnere per dirigere i lavori e degli operai per farli. Sbagliato. Serviva un commissario, stupidotti. Non tanto per commissariare qualcosa, ma per sovrintendere e vigilare. Difatti l’hanno scelto con cura tra quelli che se ne intendono. Non a caso il nuovo cinema del Lido era stato astutamente inserito – chissà perché – tra le «grandi opere» del bel-paese, e perfidamente infilato – chissà perché – nelle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia. Comunque, nonostante il commissario, nulla di tutto questo è accaduto. Sarà perché qualcuno aveva nascosto l’amianto sottoterra – chissà perché – o sarà perché sono finiti i fondi, fatto sta che il nuovo palazzo del cinema non ha mai visto la luce. I lavori si sono fermati, attualmente non si sta costruendo un bel nulla, e forse non si costruirà mai. Nulla di personale s’intende, ma sarebbe stato naturale e logico che il commissario, fallita la sua missione – o comunque esaurita la sua funzione, a seconda dei punti di vista – salutasse educatamente, dando magari un bel ricevimento come fanno prefetti e questori, e salpasse allegramente per altri lidi. Invece no. Gliel’abbiano chiesto o l’abbia deciso, il commissario al cinema diventato commissario al nulla è serenamente rimasto al suo posto. Forse ha scoperto che l’aria ael Lido e salutare. A quanti gli chiedono conto, non sempre con garbo, di questa bizzarria, e anche dei costi che questa bizzarria comporta, il commissario al nulla si affanna premuroso a spiegare che il suo ruolo rimane comunque determinante, perché quel nulla forse un giorno diventerà qualcosa. In questa prospettiva si sta dando generosamente da fare. Anche più del dovuto. Incontri, riunioni, assemblee, consigli, direttive. E attenzione, non più solo sul cinema, ma spaziando su tutti i problemi dell’isola, dalle misure delle barche della darsena progettata a San Nicolò, all’altezza dei bagni degli appartamenti del futuro villaggio turistico al posto del vecchio ospedale al mare. Con una regia tanto abile quanto sorniona ha esteso il raggio di influenza del suo commissariato: partito da un cinema, è finito per commissariare un’isola intera. Come se non bastassero un Comune e, volendo, anche una Municipalità. E comunque un intento assai lodevole di tentare di rendersi utile, e di giustificare in qualche modo una modesta prebenda. Meriterebbe solo elogi per questo. Non fosse che resta il fatto, piuttosto singolare, che dopo aver fatto il regista del buco, adesso fa il commissario al nulla. Un’altra bella invenzione. E probabilmente anche un gran bel mestiere. Roberto Bianchin”

“LE MONDE” SU VENEZIA (29.08.11)

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Venise Envoyé spécial – Il est toujours là, grand comme un terrain de football, à quelques mètres de la mer. Bâché de plastique blanc, entouré de palissades pour le cacher à la vue des festivaliers qui, à partir du mercredi 31 août, assisteront à la 68e Mostra de Venise. Ce trou où devaient s’élever les fondations du nouveau palais du cinéma à grande capacité, un temps jugé indispensable à la survie de la manifestation, a fait coulerbeaucoup d’encre et englouti plus de 30 millions d’euros, alors que le budget total prévu pour l’édifice avoisine 100 millions d’euros.

Après deux ans d’excavations, les travaux sont désormais arrêtés, alors que le palais aurait dû sortir de terre cette année, pour les 150 ans de l’unité italienne. Tout est allé de travers. La vente des terrains de l’ex-Ospedale al Mare, sur le Lido, qui devait financer la construction, n’a rapporté que 60 millions d’euros. L’amiante retrouvé dans le sous-sol où avaient été enfouies de vieilles cabines de bain en matériaux Eternit a considérablement alourdi les coûts. A quatre mètres de profondeur, on en trouve encore. L’entreprise chargée des travaux, la Sacaim, est au bord de la faillite. “A Venise, l’imprévisible est chez lui”, philosophe un conseiller du ministère de la culture.

Mais ce trou béant était un symbole un peu lourd. Symbole d’une administration locale et d’un Etat imprévoyants. Symbole d’un festival incapable de se tourner vers le futur pour faire face à la concurrence de Cannes, Berlin, Toronto. Symbole aussi d’une Italie berlusconienne à la dérive…

Pour déjouer les clichés, il a fallu les retourner comme peau de lapin. Paolo Baratta, président de la Biennale, s’y emploie. Cet homme jovial et ironique, 72 ans, deux fois ministre, membre d’une quantité de conseils d’administration et vigneron à ses heures dans le sud de la Toscane, a décidé de reprendre les choses en main. “En creusant un trou, explique-t-il dans le vaporetto qui l’amène du siège de la Biennale, à l’entrée du Grand Canal, jusqu’au Lido, nous avons retrouvé nos origines.”

“Repartons de l’histoire” : ce sera le leitmotiv de ce vendredi 26 août, où M. Baratta, accompagné du maire de Venise, Giorgio Orsoni, a dévoilé à la presse les nouvelles installations de la Mostra comme autant de signaux envoyés au monde du cinéma de la vitalité du festival. Au lieu d’un nouveau palais, les festivaliers vont retrouver une grande salle redécorée comme à l’époque de sa naissance en 1937 sur les plans de l’architecte acousticien Luigi Quagliata : plancher en hêtre brun, sièges de velours de lin beige et marron. En dix mois et pour 3,8 millions d’euros, tout a été remis dans son jus. “En Italie, la restauration est un amusement. Nous avons tellement d’artisans qui savent tout faire”, s’amuse M. Baratta. L’année prochaine, ce sera au tour de la salle de la Darsena (1 400 places) de faire peau neuve dans le même esprit de retour vers le passé. “Nous avons moins besoin d’un monument que de nouvelles salles”, explique le patron de la Biennale.

Et pour les fêtes et les cocktails d’après projection ? Aux traditionnelles terrasses des palais vénitiens s’ajouteront cette année de nouveaux espaces, comme le salon et le restaurant du petit aéroport Nicelli, joyaux d’architecture années 1930. Ou la cour de la caserne Pepe, construite au XVIe siècle sur le lieu d’où partit, en 1202, la quatrième croisade… Quel festival peut en faire autant ? M. Orsoni, le maire qui a confié la concession de ces nouveaux lieux à la Biennale, renchérit : “Nous ne sommes pas restés assis à attendre notre nouveau palais. Ce sera la Mostra de la vitalité retrouvée.”

Reste que le trou est toujours là, cadavre encombrant, témoin des vieux rêves de grandeur. Qu’en faire ? “Nous avons repensé le projet”, explique Vincenzo Spaziante, commissaire extraordinaire du gouvernement pour la restructuration du Lido. Et revu le vocabulaire, pourrait-on dire. Désormais, à Venise, on ne parle plus de “palais du cinéma”, mais de “palais des congrès”. Si celui-ci voit le jour, il s’inscrira dans une vaste opération de requalification du Lido, pour lequel le groupe d’investisseurs Est Capital, basé à Padoue, est prêt à investir 1 milliard d’euros.

Boudé par les touristes, qui préfèrent les parcours fléchés entre la place Saint-Marc et le pont du Rialto, le Lido veut retrouver son prestige. La restauration de l’Hôtel des Bains témoigne de cette volonté. Seuls deux étages de l’édifice conserveront une vocation hôtelière de luxe, le reste deviendra une résidence, où le prix des appartements qui ont commencé d’être mis en vente dépasse 15 000 euros le mètre carré. Un nouveau port de 500 places devrait être construit. “Tous les grands festivals sont liés à des villes qui offrent ce genre de structure d’accueil”, explique M. Spaziante, à qui l’association écologique Legambiente a remis son “drapeau noir”, l’accusant de vouloir bétonner le Lido.

Philippe Ridet