Archivio mensile:gennaio 2015

LA TRAPPOLA DEL MOSE

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Bettin: “La trappola del MoSE, o inutile o mortale per laguna e porto”

Acqua alta a Venezia

Per Gianfranco Bettin è “incredibile la sorpresa di troppi per l’acqua alta che resterà a San marco e altrove”

E’ davvero incredibile la sorpresa di chi scopre oggi che il Mose non metterà al riparo piazza San Marco e le altre zone basse di Venezia. Incredibile e indecente, quando viene da notori amici e sostenitori di chi il Mose lo ha sempre voluto o addirittura dall’interno stesso del Consorzio Venezia Nuova.

E’ infatti, da sempre, esattamente questo il cuore della critica al progetto Mose: o non si chiuderà quasi mai e quindi in pratica non servirà, e dunque si sarebbe sprecata una montagna, anzi un’alluvione, di risorse (anche al netto di quelle risucchiate dalla corruzione), o si chiuderà troppo spesso (ad esempio, 200 volte per tutelare piazza San Marco nel 2014) e dunque, per come funziona, colpirà a morte la laguna, impedendone il ricambio con l’acqua del mare, oltre a colpire a morte la stessa portualità.

E’ la trappola del Mose, denunciata per tempo dagli ambientalisti e da importanti settori del mondo scientifico, dallo stesso consiglio comunale, che aveva subordinato l’eventuale realizzazione del progetto a diversi altri interventi che avrebbero, in primis, affrontato proprio questo problema (con la ricostruzione dell’equilibrio alterato della morfologia e dell’idrodinamica lagunare, con il rialzo di rive e pavimentazioni ecc.). Solo dopo, verificando nel tempo l’evoluzione dei mutamenti climatici e le variazioni del livello del mare (sulle base delle previsioni più attendibili), si sarebbe potuto infine decidere quale tipo di intervento alle bocche di porto sarebbe stato più adeguato.

Questa era anche la ratio della Legge speciale, quando parlava di interventi “graduali, sperimentali, reversibili”. Il Mose è l’esatto contrario. L’imponente apparato di comunicazione e “persuasione”, come il sistema corrotto finalmente rivelato dalla magistratura, era totalmente al servizio di un’opera concepita in un’altra era, incoerente rispetto all’evoluzione del clima e dei livelli del mare, pesantissima nel suo impatto ambientale, pervasiva nel sistema di potere che l’ha generata e che di essa si è nutrito. Un sistema affollato di politici, amministratori, funzionari, tecnici e cortigiani i quali – con la sola eccezione finale del Comune di Venezia – a ogni evidenza del fondamento delle critiche al progetto, sono intervenuti con forzature politiche e istituzionali, oltre che con la corruzione, per condurre in porto un’opera che, fin da oggi, si presenta come superata e pericolosa.

Passare a radicale verifica il progetto, prima che si concluda; rilanciare gli interventi “diffusi” e quelli, di enorme portata, che potrebbero mettere tutta la città in sicurezza, sono i passi necessari, dopo aver finalmente commissariato il CVN (ma analoga pulizia va compiuta nella parte tecnico-scientifica, troppo legata acriticamente al progetto e al sistema).

Gianfranco Bettin

2020VE (SEL / Verdi / Associazione In Comune)

Venezia, 2 gennaio 2015

AVAMPORTO GALLEGGIANTE ALLA BOCCA DI PORTO DEL LIDO DI VENEZIA

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Avamporto 3 navi dall'alto

LE GRANDI NAVI FUORI DALLA LAGUNA:

PROGETTO DI UN AVAMPORTO GALLEGGIANTE ALLA BOCCA DI PORTO DEL LIDO

Il 5 dic. 2014 in sala S.Leonardo a Venezia è stato presentato il terzo stato di avanzamento del progetto per un Avamporto Galleggiante alla Bocca di porto del Lido.

Il progetto è iniziato nel giugno 2013 con la decisione di non fare nuovi scavi per canali portuali in laguna (verso Marittima o a Marghera) connessi al potenziamento del Canale dei Petroli.  Progetto quest’ultimo, fermato all’inizio del 2014 dalla Commissione di Salvaguardia, in contrasto con le Leggi Speciali (1973, ‘84, ’92), con il Piano per il Ripristino della Morfologia lagunare del Magistrato alle Acque (‘93) e con il PALAV (‘95) che ne prescrivono non l’aumento ma la riduzione e mitigazione per l’attuazione del riequilibrio idraulico e fisico della laguna.

Le ricerche scientifiche hanno documentato che le bocche di porto, i canali portuali e le grandi navi hanno ampiamente superato la compatibilità e la sostenibilità con la città e con l’ambiente lagunare. Con queste conoscenze si è decisa la localizzazione della struttura all’esterno della laguna (proposta di Pino Rosa Salva, presidente di Italia Nostra, dagli anni ‘70 ) che permette di riportare la profondità del canale portuale di S.Nicolò all’interno (oltre le paratoie del Mose) a -8 m. per eliminare  quasi tutte le acque medio-alte a Venezia.

Con i progettisti (S. Boato, C. Giacomini, M.R. Vittadini, Y.Bristot, A. Stefani) ha collaborato sin dall’inizio l’ing. E. Di Tella per un progetto graduale (realizzabile per fasi), sperimentale (per verificare e adeguare funzionalità, sicurezza, compatibilità) e reversibile (la struttura viene ancorata in una settimana e può essere rimossa, riallocata o anche riutilizzata altrove) seguendo i principi secolari sanciti anche nella legge speciale.

La proposta di massima, presentata al Ministero dell’Ambiente nell’ott. 2013, è stata  elaborata e presentata al “Tavolo tecnico del Comitato Interministeriale” (Pal. Chigi) nel maggio del 2014.

E’ poi iniziata una complessa progettazione approfondita interdisciplinare con verifiche delle strutture galleggianti: aspetti strutturali (stabilità e robustezza), aspetti meteo-marini, dinamica del sistema e logistica (società  internazionale che opera nel campo offshore Principia, ingg. R.G. Nicolosi e P.Vielmo); in connessione si è definita la progettazione funzionale, formale e paesaggistica del Terminal Passeggeri sovrastante (archh. D. Verlato e M. Zordan). Il prof. Tattara ha analizzato gli aspetti occupazionali concludendo che “l’occupazione aumenterebbe”.

L’Avamporto galleggiante è collocato tra i moli foranei, di fronte alla nuova isola del Mose, lungo l’attuale Canale di S.Nicolò, in ambito portuale.

La struttura è composta da cinque pontoni modulari galleggianti (incernierati tra loro).     Queste scelte consentono di non scavare nuovi canali, non sbancare bassifondi, non escavare  in futuro.

Si propone di limitare anche in mare la dimensione delle navi ai livelli attuali per non inseguire l’ulteriore gigantismo (la Royal Caribbean ha già ordinato cinque navi lunghe 348 m. e M.S.C.  Crociere preannuncia due gigantesche navi da 252.000 t. di stazza).

La connessione con l’energia già realizzata per la centrale dell’isola, aumentando la potenza fino a 40/44 Mw  (si possono inserire ulteriori cavi nel cavidotto), consente di tenere spenti i motori delle navi all’attracco  eliminando ogni inquinamento acustico e atmosferico.

I costi, stimati per realizzazione in Italia, sono di 140 milioni di € per i pontoni galleggianti,  e i sistemi di ancoraggio. I tempi di realizzazione sono inferiori a quelli di ogni altra proposta: le strutture si realizzano in un anno in cantieri navali, si trainano e ancorano al fondale (con sistemi speciali predisposti) ed eventualmente si dis-ancorano in 7 max.10 giorni.

La struttura e il Terminal sovrastante sono stati definiti negli spazi e nei movimenti dei passeggeri e delle merci di approvvigionamento.

La progettazione compositiva è stata  elaborata per qualificare la visione architettonica  e alleggerire l’inserimento paesaggistico complessivo.

I passeggeri si spostano dalla Marittima all’Avamporto (e viceversa) con mezzi nautici lagunari che portano da un minimo di 800 persone fino ad un massimo di 1200 (delle motonavi ACTV).

I natanti lagunari, che devono consentire la veduta panoramica della città e lagunare, dimezzano le velocità massime attuali, specialmente nei percorsi interni bacino di S.Marco /canale della Giudecca (dai 7/11 km/h vigenti a 5 Km/h), eliminando ogni moto ondoso.

Le merci di approvvigionamento, in chiatte e bettoline, percorrono lentamente il canale dell’Orfano retrostante la Giudecca (la velocità massima attuale è di 7 km/h).

La Marittima continua ad esercitare in gran parte le funzioni attuali rispetto ai passeggeri ma vi approdano direttamente solo le navi inferiori alle 40.000 t. di stazza, le grandi navi approdano e ripartono dall’Avamporto in non più di quattro al giorno (quantità superiori vanno programmate in almeno due giorni diversi). In questo modo parte della Marittima si rende disponibile  per i mezzi di diportismo maggiori nelle aree centrali e per la collocazione di residenze e servizi cittadini sul lato est (lungo il canale della Scomenzera) e nel grande ambito a nord, già oggi in gran parte libero a raso.

Stefano Boato

Venezia 15 1 2015

OTELMA AKBAR… PARDON, A KAGÀR!

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Se posso correggere Marx, le religioni sono il pretesto dei popoli… o meglio: il pretesto del potere e l’oppio dei popoli. E ha ragione Umberto Eco: l’Isis è il nuovo volto del Nazismo, mostro sempre risorgente. Occorre tenere alta la vigilanza. La base illusionistica di ogni religione è sempre la stessa: meglio una GALLINA nell’aldilà che un UOVO nell’aldiquà.

Nessuno, peraltro, riesce a spiegarmi come mai i sunniti odino tanto gli sciiti. Dall’esterno la questione del “cugino Alì” sembra solo un’immane stronzata. Io non credo sia in atto una guerra dell’Islam contro l’Occidente, bensì una guerra tra sunniti e sciiti per il predominio. L’Occidente ci si è ficcato in mezzo provocando ulteriori disastri e mosso dalla solita e ben nota avidità.

BOCL N. 19 (LOSING MY RELIGION)

Quanto alla censura e alla negazione del diritto alla satira, ne sono rimasto ampiamente vittima anch’io, nel mio piccolo:

BOCL N. 38 (LA BUFALA DEL NEW ITALIAN EPIC 1.)

Scusate, per una volta, l’Off Topic.