Bettin: “La trappola del MoSE, o inutile o mortale per laguna e porto”
Per Gianfranco Bettin è “incredibile la sorpresa di troppi per l’acqua alta che resterà a San marco e altrove”
E’ davvero incredibile la sorpresa di chi scopre oggi che il Mose non metterà al riparo piazza San Marco e le altre zone basse di Venezia. Incredibile e indecente, quando viene da notori amici e sostenitori di chi il Mose lo ha sempre voluto o addirittura dall’interno stesso del Consorzio Venezia Nuova.
E’ infatti, da sempre, esattamente questo il cuore della critica al progetto Mose: o non si chiuderà quasi mai e quindi in pratica non servirà, e dunque si sarebbe sprecata una montagna, anzi un’alluvione, di risorse (anche al netto di quelle risucchiate dalla corruzione), o si chiuderà troppo spesso (ad esempio, 200 volte per tutelare piazza San Marco nel 2014) e dunque, per come funziona, colpirà a morte la laguna, impedendone il ricambio con l’acqua del mare, oltre a colpire a morte la stessa portualità.
E’ la trappola del Mose, denunciata per tempo dagli ambientalisti e da importanti settori del mondo scientifico, dallo stesso consiglio comunale, che aveva subordinato l’eventuale realizzazione del progetto a diversi altri interventi che avrebbero, in primis, affrontato proprio questo problema (con la ricostruzione dell’equilibrio alterato della morfologia e dell’idrodinamica lagunare, con il rialzo di rive e pavimentazioni ecc.). Solo dopo, verificando nel tempo l’evoluzione dei mutamenti climatici e le variazioni del livello del mare (sulle base delle previsioni più attendibili), si sarebbe potuto infine decidere quale tipo di intervento alle bocche di porto sarebbe stato più adeguato.
Questa era anche la ratio della Legge speciale, quando parlava di interventi “graduali, sperimentali, reversibili”. Il Mose è l’esatto contrario. L’imponente apparato di comunicazione e “persuasione”, come il sistema corrotto finalmente rivelato dalla magistratura, era totalmente al servizio di un’opera concepita in un’altra era, incoerente rispetto all’evoluzione del clima e dei livelli del mare, pesantissima nel suo impatto ambientale, pervasiva nel sistema di potere che l’ha generata e che di essa si è nutrito. Un sistema affollato di politici, amministratori, funzionari, tecnici e cortigiani i quali – con la sola eccezione finale del Comune di Venezia – a ogni evidenza del fondamento delle critiche al progetto, sono intervenuti con forzature politiche e istituzionali, oltre che con la corruzione, per condurre in porto un’opera che, fin da oggi, si presenta come superata e pericolosa.
Passare a radicale verifica il progetto, prima che si concluda; rilanciare gli interventi “diffusi” e quelli, di enorme portata, che potrebbero mettere tutta la città in sicurezza, sono i passi necessari, dopo aver finalmente commissariato il CVN (ma analoga pulizia va compiuta nella parte tecnico-scientifica, troppo legata acriticamente al progetto e al sistema).
Gianfranco Bettin
2020VE (SEL / Verdi / Associazione In Comune)
Venezia, 2 gennaio 2015